L’aprovazione del decreto legge 4/2019 chiamato anche “quota 100” potrebbe ridurre l’attenzione dalla necessità di accantonare delle somme per quando non lavoreremo più. Facciamo qualche considerazione su questo.
(le parti evidenziate sono link a pagine esterne di approfondimento)
I dubbi espressi sulla sostenibilità dei conti della misura ed il carattere di provvisorietà della stessa (dura infatti tre anni la norma così com’è oggi) ci fa pensare che ci saranno delle rimodulazioni di questa norma anche nel breve periodo.
Va tuttavia considerato che l’anticipazione della pensione comporta un ulteriore riduzione della pensione stessa, ipotizzando anche una costante e sostenibile applicazione di questa norma nel tempo.
La riduzione è equa in quanto non si versano contributi ed il divisore per la pensione è maggiore essendo la vita residua più lunga. In parole semplici: ci sono calcoli accurati che portano ad ipotizzare una riduzione fino al 30% della pensione che spetterebbe con la precedente normativa.
Per le persone più vicine alla pensione questo lascia spazio a riflessioni sull’opportunità di approfittare della norma. Sui più giovani non deve allentare in alcun modo l’attenzione all’accantonamento di integrazioni alla previdenza pubblica.
Questa norma non riduce il fabbisogno futuro di integrazione, ma anzi lo enfatizza. Se decideremo di approfittare di quota 100 avendo una previdenza pubblica inferiore, finiremo per ridurre il nostro fabbisogno oppure integrare in modo più pesante con quanto in autonomia abbiamo accantonato.
Riassumendo: Quota 100 è una nuova possibilità di anticipare la propria pensione.
Ma se vogliamo scegliere questa opzione senza ripercussioni economiche dobbiamo con i giusti tempi continuare a costruire un sostegno con risorse proprie che andrà ad integrare quanto sarà ridotto dall’anticipo.
Nell’accantonamento previdenziale non si deve demordere per non essere costretti in un futuro a non poter aderire a quota 100.